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Comunione o separazione dei beni?

Io e il mio fidanzato ci sposeremo fra poco. So che dovremo scegliere fra la comunione e la separazione dei beni. Che cosa significa?

Dovrete scegliere le regole che disciplineranno i vostri rapporti patrimoniali. In mancanza di una scelta si applica la comunione dei beni. Per optare per la separazione dei beni entrambi i coniugi devono essere d’accordo.

Che cosa comporta la comunione dei beni? Non sono sicura di volere mettere tutto mio patrimonio in comune con mio marito. Voglio mantenere la mia autonomia.

La comunione dei beni non riguarda tutto il vostro patrimonio, ma solo gli acquisti che saranno compiuti in futuro. La regola fondamentale prevede  infatti che diventino comuni i beni che vengono acquistati dai coniugi, anche separatamente, dopo il matrimonio. Quindi tutto ciò che uno dei coniugi ha già acquistato prima del matrimonio resta personale; comuni saranno tutti gli acquisti successivi.

Questo significa che, se sceglieremo la comunione dei beni, la casa che mio padre ha intenzione di donarmi dopo il matrimonio diventerà anche di mio marito? Conoscendo mio padre, non penso che sarà d’accordo.

Suo padre può stare tranquillo. Non cadono in comunione i beni acquistati da un coniuge per donazione o per successione: questi restano dunque del coniuge che li ha ricevuti. Ci sono anche altre eccezioni alla regola: ad esempio, non diventano comuni i beni di uso strettamente personale e quelli utilizzati da un coniuge per svolgere la sua attività lavorativa. 

Cosa accade invece se scegliamo la separazione dei beni?

Ciascuno di voi rimarrà titolare esclusivo del suo patrimonio, sia dei beni che ha ora, sia dei beni che acquisterà in futuro. Resta ovviamente l’obbligo di entrambi i coniugi di contribuire alle esigenze della famiglia in proporzione alle rispettive sostanze, ma non vi è nessuna automatica ridistribuzione della ricchezza fra i coniugi. Potrete  acquistare assieme alcuni beni rendendoli comuni, ma sarà una scelta.

Mi sembra che la separazione dei beni si adatti meglio al caso nostro. Siamo giovani e indipendenti. Non mi piace l’idea della ridistribuzione della ricchezza fra coniugi: il matrimonio si basa sull’amore, parlare di soldi rovina tutto.

Capisco. In effetti la sua è una opinione largamente condivisa. Il numero di matrimoni celebrati in regime di separazione dei beni è in costante aumento. Negli ultimi tempi le statistiche indicano una vera e propria fuga dalla comunione. Una delle ragioni è da individuare proprio nel desiderio di reciproca indipendenza che hanno oggi i giovani che si sposano. Tuttavia fa riflettere il fatto che all’estero i giovani sposi accettino regimi di condivisione delle rispettive fortune in percentuali molto maggiori rispetto a ciò che accade in Italia. Credo quindi che, se in Italia la separazione dei beni è una scelta largamente diffusa,  ciò sia dovuto anche alla pessima qualità tecnica delle norme che regolano, nel nostro codice civile, la comunione. Sono norme che pongono infiniti problemi di interpretazione. Molti lo sanno e preferiscono sottrarsi ad un regime patrimoniale che ha effetti talora confusi e incerti.

Torniamo al mio caso. Lei, che cosa mi consiglia?

La comunione dei beni, nonostante i difetti di cui abbiamo parlato, ha un fondamento chiaro e ancora oggi attuale. Nell’organizzazione della vita domestica continua ad accadere che uno dei coniugi si dedichi, in misura maggiore rispetto all’altro, alle esigenze della famiglia rinunciando per questo almeno ad una parte delle proprie prospettive lavorative. La comunione dei beni introduce un meccanismo automatico di compensazione di questi sacrifici. 

In che senso?

Facciamo un esempio. Lei ora lavora, ma – se fra qualche anno decideste di avere un figlio – è possibile che lei scelga di lavorare a tempo parziale, mentre suo marito potrebbe continuare a dedicarsi alla sua carriera. Se lui, con i suoi risparmi, deciderà di comprare una casa, questa sarà, in realtà, il frutto dei sacrifici di entrambi. La comunione dei beni fa sì che l’acquisto compiuto dal coniuge economicamente più forte divenga comune come sono comuni gli sforzi che lo hanno consentito. Quindi la separazione può essere consigliata alle famiglie in cui i sacrifici dei coniugi per le esigenze familiari sono distribuiti equamente. Se invece i coniugi programmano di organizzare la loro vita in modo che uno dei due si applichi in prevalenza al lavoro casalingo, lasciando l’altro libero di dedicarsi al suo lavoro, allora la comunione è una scelta da valutare con attenzione.

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