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L'assegno di mantenimento

Mi sono separata da mio marito. Il giudice ha stabilito un assegno di mantenimento per me e per nostro figlio che è appena sufficiente per sopravvivere. Che cosa dice la legge sull'assegno di mantenimento?

L’articolo 156 del codice civile prevede che lei abbia diritto a ricevere un assegno di mantenimento se i suoi redditi non sono adeguati. Ciò significa che il giudice deve effettuare un confronto fra i redditi e le sostanze di entrambi i coniugi e deve attribuire al coniuge più debole un assegno che gli consenta di mantenere, anche dopo la separazione, il tenore di vita matrimoniale. 

Allora, nel mio caso, il giudice non conosce la legge perché il tenore di vita matrimoniale è per me solo un lontano ricordo.

Non è un problema di conoscenza della legge. Però effettivamente una ricerca ha dimostrato che la concreta determinazione dell’assegno di mantenimento a favore del coniuge più debole costringe frequentemente quest’ultimo, dopo la separazione, a penose restrizioni.

Perché? Non è giusto, per crescere nostro figlio ho rinunciato a fare il lavoro che sognavo, mentre mio marito si è dedicato alla sua carriera. Ora lui si gode i risultati e io faccio fatica ad arrivare a fine mese.

Innanzitutto, lei deve considerare che una famiglia separata ha più spese di una famiglia unita: due case, doppie spese condominiali, doppie utenze domestiche. Se i redditi complessivi non permettono di far fronte a questo aumento dei costi, una riduzione del tenore di vita è inevitabile.

Ma non è proprio il nostro caso! Mio marito è un commercialista e ha uno studio con dieci dipendenti. A giudicare dalle macchine di lusso che cambia in continuazione… 

Lei mi ricorda una signora che ho conosciuto qualche tempo fa. Dopo la laurea lei era stata assunta come impiegata in una multinazionale. Il marito invece aveva scelto di fare il professionista: all’inizio, come praticante, non guadagnava nulla. Hanno avuto subito un figlio. La famiglia si reggeva sullo stipendio della moglie. Lei, dopo il lavoro, si occupava del bambino, che durante il giorno stava con i nonni. Poi rimanevano i letti da rifare, la casa da pulire. Lui rientrava per ora di cena, qualche volta anche dopo. Appena il marito ha iniziato a guadagnare, hanno deciso assieme che lei optasse per il lavoro part time: così poteva rimanere più tempo con il bambino. In questo modo ha rinunciato però definitivamente a qualsiasi prospettiva di carriera nella sua azienda. 

Ho già capito come finisce la storia. Quando i redditi del marito sono aumentati, l’ha lasciata per una collega più giovane con il figlio e un assegno di mantenimento da fame…

Non ricordo se la causa sia stata una collega più giovane, comunque si sono separati dopo quindici anni di matrimonio. Il giudice ha concesso alla moglie e al figlio il godimento della casa coniugale, che il marito aveva nel frattempo acquistato, e ha stabilito una somma mensile per il mantenimento del figlio e un assegno di mantenimento per la moglie. Sommando questi denari con lo stipendio da impiegata la situazione era sostenibile. I problemi veri sono iniziati alcuni anni dopo, quando il figlio, diventato ormai grande, è andato a lavorare all’estero. Il marito ha chiesto che lei lasciasse la casa, di cui lui era proprietario esclusivo, e ha smesso di pagare l’assegno per il contributo al mantenimento del figlio. Senza casa, con il suo modesto assegno di mantenimento, lei non riusciva proprio ad arrivare alla fine del mese.

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